(1 agosto 2020) Il Rapporto esamina i mercati bancari europei sotto il profilo patrimoniale, reddituale, di produttività e di efficienza attraverso l’analisi dei dati dei bilanci consolidati relativi ad un campione di 112 gruppi bancari (pari a circa il 75% del mercato europeo) tra il 2006 e il 2019.
I dati evidenziano che nel 2019 è proseguito il processo di miglioramento della qualità dell’attivo dei gruppi bancari europei, in un contesto di rafforzamento della loro dotazione patrimoniale. Tuttavia, i risultati economici sono in lieve calo rispetto al 2018 e restano da ormai più di un decennio sotto i livelli toccati prima dell’avvio della crisi finanziaria del 2008/2009.
Prosegue il processo di miglioramento della qualità dell’attivo, grazie non solo alla prosecuzione delle operazioni di dismissione degli asset improduttivi ma anche al rafforzamento, in atto ormai da alcuni anni, della capacità delle imprese di rimborsare i propri debiti. Ciò favorisce una contrazione dei flussi di nuovi crediti deteriorati, che restano sui livelli minimi storici. In dettaglio, a fine 2019 l’ammontare di crediti deteriorati (NPL) al netto delle perdite di valore già computate nei bilanci bancari espresso in percentuale del totale dei crediti (NPL ratio netto) era pari all’1,5% per il totale dei gruppi europei, in forte calo rispetto al 3,8% di fine 2014. Si tratta di una dinamica comune a tutti i principali Paesi, che risulta però particolarmente marcata in Italia, dove l’NPL ratio netto è sceso dal 10,4% di fine 2014 al 3,2% di fine 2019.
Lato redditività, l’analisi mostra che la quota delle banche che hanno chiuso in perdita l’esercizio 2019 è pari al 10%; un valore stabile sui bassi livelli già raggiunti nel 2018 e in linea con i livelli fisiologici pre-crisi del 2008/2009. Si tratta, dunque, di una quota ben lontana dal picco del 30% toccato nel 2012. Il rendimento sul capitale investito (Return On Equity – ROE), in media, si colloca, infatti, intorno al 5,8% in Europa, in calo di 7 decimi di punto rispetto al 2018. La flessione è prevalentemente ascrivibile alla riduzione dei ricavi e all’aumento delle rettifiche, a fronte di una lieve riduzione dei costi operativi complessivi. Resta modesto il numero di grandi banche europee in grado di produrre livelli di performance in linea con il rendimento medio richiesto dal mercato.
La redditività delle banche operanti in Italia si conferma, come già nel 2018, su livelli analoghi a quelli riscontrati negli altri mercati europei, sebbene le sue determinanti nell’ultimo anno presentino sviluppi differenti rispetto alla media. In particolare, in controtendenza col dato medio europeo, uno dei principali tratti distintivi dei risultati di bilancio delle banche italiane è stata la riduzione delle rettifiche sui crediti, sia in termini assoluti sia in percentuale del patrimonio. Ciò riflette, da un lato, la prosecuzione anche nel 2019 degli interventi di riduzione del rischio in corso ormai da tempo in Italia, che si concretizza in particolare tramite la cessione di sofferenze e altri crediti deteriorati, e, da un altro lato, le rilevanti svalutazioni già effettuate negli anni passati. I gruppi italiani si confermano, infatti, anche nel 2019 tra quelli con i più elevati livelli delle coperture sui crediti deteriorati. Tuttavia, la sfavorevole dinamica del margine di interesse e delle commissioni nette – che pur aumentando in termini di volumi calano in termini di incidenza sul capitale – ha annullato gli effetti positivi della riduzione delle rettifiche e dei costi operativi, ostacolando la crescita della redditività della gestione rispetto allo scorso esercizio.
Nel complesso, le tendenze del 2019 e della prima parte del 2020 mostrano un rallentamento delle performance dei gruppi bancari europei e italiani, in un contesto in cui però le banche si presentano più solide che in passato sotto il profilo della dotazione patrimoniale e della qualità degli attivi. In prospettiva, le principali incertezze derivano da fattori esogeni al mondo delle banche, connessi all’incerta evoluzione dell’emergenza sanitaria, sia in termini di durata sia di intensità, e alle relative conseguenze sull’economia.
Appare comunque elevata la capacità del settore di assorbire gli eventuali effetti negativi dell’emergenza in corso, anche in virtù dei miglioramenti intercorsi negli ultimi anni sia dal lato della domanda sia dell’offerta di credito, che di fatto tendono a ridurre la sensibilità del rischio di credito alle fluttuazioni del ciclo economico, favorendo il contenimento dei flussi di nuovi crediti deteriorati rispetto ad episodi di crisi passate. In tal senso agisce, inoltre, l’insieme delle eccezionali misure adottate dalle Autorità e dalle stesse banche in reazione all’emergenza sanitaria. E ciò in particolare con riferimento ai loro effetti strutturali, ovvero la loro utilità nel ridurre – se non evitare del tutto – il rischio che il temporaneo blocco delle attività produttive si traduca nel fallimento di imprese altrimenti solvibili, con la potenzialità di indurre quindi una riduzione del tasso di default anche a regime.