ABI e Accademia della Crusca sul linguaggio della finanza

(29 maggio 2015) A confronto linguisti, banchieri, giornalisti e funzionari amministrativi per dibattere dell’apporto degli uomini di banca all’evoluzione dell’italiano e dell’indissolubile legame fra lingua e diritto.
 

​Una riflessione sull’italiano delle banche per discutere del ruolo fondamentale che la cultura bancaria e finanziaria ha avuto nella storia della lingua italiana, degli sviluppi in atto e di quelli futuri nella lingua dell’economia e della finanza, della necessità di coinvolgere un pubblico sempre più vasto e generalizzato in iniziative di comunicazione all’insegna dell’educazione finanziaria. L’occasione per dibattere su questi temi è stata offerta dal convegno “Il linguaggio dell’economia. L’italiano delle banche e della finanza”, organizzato dall’Associazione bancaria italiana e dall’Accademia della Crusca e che si è tenuto nella mattinata di oggi a Firenze, presso la villa medicea di Castello. 
Dopo il saluto introduttivo di Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca, e delle autorità presenti, lo stesso Marazzini e il presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, hanno svolto le relazioni introduttive, rispettivamente intitolate “Una grande tradizione nazionale: l’italiano e i banchieri” e “Lingua, diritto ed economia”. A seguire, Giovanni Sabatini, direttore generale dell’ABI, Andrea Beltratti, presidente della Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio (Feduf), Jean-Luc Egger, capo sostituto sezione Legislazione e Lingua presso la Cancelleria generale svizzera, e Guido Gentili, editorialista del “Sole-24 Ore”, hanno animato una tavola rotonda moderata da Pierfrancesco de Robertis, direttore del quotidiano fiorentino “La Nazione”. 
Nel corso del suo intervento il Presidente Patuelli ha osservato che “vi è un indissolubile legame fra lingua e diritto che, se viene violato, comporta notevoli rischi. Infatti, forti rischi sono stati assunti da chi ha sottoscritto contratti derivati stipulati in lingua anglo-americana in Stati non di common law, cioè, con principi giuridici diversi. Quante sono le controversie nate e addirittura tuttora in atto per questa babele del combinato disposto fra diverse lingue e diritti dell’economia? La certezza del diritto si coniuga, infatti, con la certezza dei significati degli istituti giuridici nella medesima lingua. Non uguale certezza del diritto viene garantita, senza una continuità coerente fra inquadramento costituzionale, normativa e lingua”.
“L’imbastardimento di lingue nazionali nel diritto dell’economia, dei commerci e dei contratti – ha proseguito Patuelli – ha portato equivoci rischiosi che anche ricordano il trattato di Uccialli fra l’Italia di fine Ottocento e l’Etiopia imperiale di quel tempo che lo redassero in due lingue, con significati anche differenti. Il trattato di Uccialli fu origine di equivoci, conflitti e guerre rovinose anche per l’Italia. Quindi, la purezza della lingua italiana non è un ideale nostalgico o passatista né un fatto puramente letterario. È una premessa di chiarezza e di certezza del diritto in economia. L’alternativa alla coerenza giuridico-linguistica italiana è l’adesione integrale, al tempo stesso linguistica e giuridica, ad un altro sistema giuridico-linguistico, non l’imbarbarimento”.
“Il processo di costruzione dell’Unione Europea, con i suoi tanti limiti da superare, non rappresenta – ha concluso il Presidente dell’ABI – l’adozione di un sistema economico, giuridico e linguistico particolare, interno ed esterno, ma un processo originale ed innovativo che permetta la crescita economica e civile ed al tempo stesso garantisca dai rischi di sradicamento culturale che porterebbero alla perdita di identità, memoria e valori ed alla decadenza prima culturale, poi anche economica dell’Italia della ragione e della società aperta, delle produzioni, dei commerci e delle banche”.