(7 novembre 2012) In un anno +25% i conti correnti intestati alle piccole imprese gestite da immigrati, 1 su 3 è intestato a donne. Cinesi, egiziane, albanesi, macedoni e pakistane le comunità di imprenditori più vivaci nel rapporto con le banche. Presentazione del primo anno di attività dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti, a Roma lunedì 12 novembre
Crescono i conti correnti (+25% in un anno) dei nuovi cittadini imprenditori a fronte dell’apertura di nuove attività imprenditoriali. Se nel 2009 sul totale dei cittadini immigrati correntisti delle banche italiane, i clienti small business erano il 3,2%, nel 2010 sono saliti al 4,2% (per un totale di 37.330). Questa tendenza trova conferma da più parti. Un trend che si legge anche nei dati Ocse del 2010: gli stranieri sono più propensi a mettersi in proprio nella maggior parte dei Paesi avanzati. Per via delle difficoltà indotte dalla crisi, i migranti in Italia riorganizzano le proprie attività e di conseguenza modificano la gestione del proprio risparmio. Prosegue e si consolida il processo di bancarizzazione dei nuovi cittadini, anche se con diverse velocità. Sono questi alcuni dei dati che verranno proposti in occasione della presentazione del primo anno di attività dell’Osservatorio nazionale sull’inclusione finanziaria dei migranti, a Roma lunedì 12 novembre.
Prima esperienza nel panorama italiano ed europeo, l’Osservatorio è un progetto pluriennale (con scadenza a giugno 2014), nato dalla collaborazione fra l’Associazione bancaria italiana e il Ministero dell’interno. Il Progetto, finanziato dalla Commissione europea e dal Ministero dell’interno (Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi), è stato assegnato sulla base di una gara pubblica al CeSpi (Centro studi di politica internazionale).
L’Osservatorio intende fornire uno strumento di analisi e di monitoraggio costante e organico del fenomeno dell’inclusione finanziaria dei migranti nel nostro paese , fornendo ad operatori e istituzioni strumenti di conoscenza e di interazione che consentano di individuare e definire strategie integrate per il suo rafforzamento e ampliamento. “Quando l’integrazione passa anche dallo sportello” il titolo dell’evento che ABI e CeSPI – insieme al Ministero dell’interno – dedicano al tema dell’inclusione finanziaria dei migranti.
Tre le aree di indagine nel primo anno di attività dell’Osservatorio: il lato dell’offerta col coinvolgimento delle banche italiane e di BancoPosta; il lato della domanda con questionari rivolti ad un campione rappresentativo di migranti nelle città di Milano, Roma e Napoli; l’imprenditoria tramite l’analisi di tutte le imprese condotte da immigrati presenti in quattro territori campione (Milano, Bergamo, Brescia e Roma), e focus group dedicati all’imprenditoria femminile.
In particolare, dal rapporto curato dal CeSpi emerge che l’imprenditoria dei nuovi cittadini costituisce un percorso particolare di inserimento sociale ed economico e che il fenomeno in Italia sia sempre più rilevante. Le catene migratorie agiscono infatti da catalizzatori per l’occupazione e l’integrazione sociale dei membri della propria comunità, agevolano il passaggio di informazioni e di conseguenza favoriscono l’imprenditorialità. Secondo i dati Istat 2011, il totale degli stranieri in Italia ammonta a 4,2 milioni, il totale degli imprenditori conta invece 415.534 unità (336.583 nel 2010), raggiungendo una propensione media all’imprenditoria di circa il 10%. Il panorama imprenditoriale legato all’immigrazione nel nostro paese è composito, con un marcato rapporto con il territorio e comportamenti finanziari molto diversificati in base alla nazionalità. Nel segmento small business, in termini di distribuzione geografica, si conferma una maggiore concentrazione di conti correnti presso le banche nel Nord Italia, pari al 67%; il 28% sono concentrati nel Centro, il 5% al Sud. Cinesi, egiziane, albanesi, macedoni e pakistane le comunità di imprenditori più vivaci nel rapporto con le banche. Quasi un terzo dei conti correnti del segmento small business – migranti (il 28%) è intestato ad un’imprenditrice donna. Percentuale che supera il 50% nel caso delle imprese filippine, ucraine, polacche e moldave.
Le imprese il cui titolare è un migrante sono relativamente giovani (hanno quasi tutte meno di dieci anni), e il fenomeno ha iniziato a mostrare segni di pro-attività e livelli di integrazione socio-economici tali da permettere l’avvio di attività economiche imprenditoriali di maggiore complessità. Secondo l’Osservatorio, il suo rafforzamento potrebbe costituire un’opportunità anche in termini di contributo alla ripresa e al processo di internazionalizzazione del sistema economico del paese.