Difesa occupazione passa per produttività e redditività

(19 dicembre 2012) Rapporto ABI 2012 sul mercato del lavoro: all’orizzonte nuovo modo di fare banca che richiede soluzioni organizzative e produttive compatibili con i costi, la tecnologia e l’innovazione nella gestione delle risorse umane. Le banche italiane stanno affrontando la difficile congiuntura mondiale, che continua a comprimere fortemente la redditività nel settore.
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In un contesto molto critico – caratterizzato da una prolungata recessione, una più stringente regolamentazione e dall’ingresso di nuovi concorrenti in aree strategiche, quali quelle dei servizi di pagamento – le imprese creditizie sono chiamate a rispondere con la massima efficacia ai cambiamenti della domanda, a fronteggiare la maggiore competizione di operatori non bancari e, conseguentemente, a gestire processi di ristrutturazione volti a ridurre i costi e aumentare la produttività. Questa la sintesi della ventesima edizione del Rapporto ABI 2012 sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria, presentata il 19 dicembre a Roma dal Presidente dell’ABI, Giuseppe Mussari, e alla quale ha preso parte anche il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero.
Nel settore del credito italiano la stabilità del posto di lavoro è da sempre un valore fondamentale, come dimostrato dall’elevata incidenza dei contratti a tempo indeterminato (compresi gli apprendisti) che si attesta al 99%. Nonostante le difficoltà macroeconomiche, il settore ha – almeno nel 2011 – contenuto la contrazione degli organici (circa -1%). Tra le principali caratteristiche del personale bancario si confermano anche la qualità professionale in costante crescita (con il 35,3% di laureati) e il continuo aumento del personale femminile (43,6% sul complesso dei dipendenti).
Le banche italiane si caratterizzano per una struttura di costo particolarmente onerosa: la contrazione della crescita economica, il basso livello dei tassi di interesse a breve termine, le tensioni sul costo della raccolta, il peggioramento della qualità del credito rappresentano un insieme di fattori che contribuiscono a mettere pressione sui ricavi – in forte contrazione – e, in ultima analisi, sulla redditività. Tutto ciò a vantaggio di intermediari caratterizzati da modelli di business più orientati verso le attività finanziarie in senso stretto. Emerge così che il costo del lavoro unitario per le Regional banks italiane (intermediari finanziari che operano prevalentemente nell’ambito dei confini nazionali), pari a 77.500 euro, risulta secondo solo a quello delle banche tedesche e nettamente più elevato rispetto alla media europea (55.000 euro). Il rapporto tra costo del lavoro e margine di intermediazione supera di 9 punti percentuali la media Ue (42% contro 33%): nel confronto con i 5 principali mercati europei, i gruppi bancari italiani sono i più penalizzati in termini di percentuale di ricavi assorbita dal costo del lavoro. Per quanto riguarda il rapporto tra costi operativi e margine di intermediazione, i gruppi italiani, nonostante l’opera di razionalizzazione dei costi che ha permesso di migliorare il livello medio di efficienza aziendale, presentano nel 2011 un valore dell’indice (68%), circa 3 punti percentuali superiore alla media europea, e restano comunque ancora molto lontani dai principali concorrenti, in particolar modo spagnoli e inglesi.
Recupero di redditività e lavoro sono le costanti cui tener conto in uno scenario che richiede un nuovo modo di fare banca con caratteristiche che puntano alla riorganizzazione delle reti e dei processi produttivi, al ruolo di rilievo della tecnologia nella attività di distribuzione dei prodotti bancari e finanziari, a una gestione innovativa delle risorse umane.
In questo contesto si inserisce con grande importanza il recente accordo sulla produttività che rappresenta un contributo significativo per uscire dalla crisi e riavviare un processo di crescita economica. Con tale impostazione, l’Intesa definisce principi e criteri cui deve uniformarsi il sistema delle relazioni industriali e della contrattazione collettiva.
Su questo fronte le banche italiane sono già un passo avanti grazie alla capacità di relazioni sindacali mature con Parti sociali che hanno dato, da tempo, prova di essere in grado di trovare soluzioni condivise a problemi molto complessi. Ciò ha consentito a inizio 2012 di firmare un contratto collettivo nazionale di carattere eccezionale con una serie di punti qualificanti quali: una politica salariale compatibile con lo sforzo di ripresa del settore, il sostegno all’occupazione e la valorizzazione della solidarietà generazionale, l’adozione di misure per la crescita della produttività e competitività.
Tuttavia, resta da risolvere con urgenza il nodo sulla sostenibilità del Fondo di solidarietà di settore, quale strumento di ammortizzazione sociale, senza oneri per la collettività, utile a favorire il necessario ricambio generazionale. I notevoli cambiamenti intercorsi in materia pensionistica ne hanno causato importanti ricadute per via dell’incremento dei costi correlati alle novità previdenziali.
Alla presentazione del Rapporto da parte di Giancarlo Durante, Direttore centrale ABI – Responsabile direzione sindacale e del lavoro, e Luigi Prosperetti, Ordinario di politica economica – Università degli Studi di Milano, sono intervenuti Francesco Micheli, Vice Presidente ABI e Presidente del Comitato affari sindacali e del lavoro dell’Associazione, e Tiziano Treu, Vice Presidente Commissione lavoro e previdenza sociale del Senato della Repubblica.