(20 gennaio 2018) Dopo il volume sugli scritti di Luigi Einaudi, ripubblicato da Editori Laterza su impulso di ABI e Istituto Einaudi, esce in libreria il volume che raccoglie gli interventi tenuti da Carlo Azeglio Ciampi nelle assise annuali tra 1981 e 1998: parole che ripercorrono l’evoluzione economica e sociale dell’Italia in due decenni di profondi cambiamenti per le banche e gli altri attori economici, tra l’avvio della stagione delle privatizzazioni e l’ingresso nell’euro
Un affresco di due decenni della vita economica e politica italiana tratteggiato dalle riflessioni, sempre attuali, di Carlo Azeglio Ciampi, pronunciate tra il 1981 e il 1998 in occasione della partecipazione alle Assemblee annuali dell’Associazione Bancaria Italiana in qualità di Governatore della Banca d’Italia prima e, dal 1996 al 1998, ministro del Tesoro. A raccogliere gli interventi tenuti dall’ex Presidente della Repubblica il nuovo volume “Italia, Europa, economia e banche”, pubblicato da Editori Laterza e in questi giorni al debutto in libreria. Il testo è introdotto dalla prefazione di Antonio Patuelli, Presidente dell’Abi, e di Maurizio Sella, Presidente dell’Istituto Einaudi per gli studi bancari, finanziari e assicurativi, a conferma della convinta adesione di ABI e Istituto Einaudi a un nuovo progetto culturale che si riallaccia idealmente al saggio La difficile arte del banchiere di Luigi Einaudi, ripubblicato sempre dall’editore barese a fine 2016.
Il libro, arricchito dalla postfazione del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e da un profilo di Ciampi scritto da Pierluigi Ciocca, è stato curato da Federico Pascucci, Segretario generale dell’Istituto Luigi Einaudi, e raccoglie quindici contributi, pubblicati sulla rivista “Bancaria”, che abbracciano un intervallo quasi ventennale: gli interventi di Ciampi, tenuti tra l’inizio degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, contribuiscono a ricostruire il cammino di una Nazione impegnata a evolvere verso una nuova dimensione europea in un periodo caratterizzato da cambiamenti epocali e da tragici eventi interni.
Un ideale filo rosso tiene uniti i ragionamenti dell’allora Governatore della Banca d’Italia: il convinto riconoscimento della natura imprenditoriale delle attività bancarie in concorrenza tra loro. Alla fine degli anni Ottanta – come evidenziato nella prefazione di Patuelli e Sella – Ciampi affermava infatti che “la trasformazione in atto trae origine dall’affermazione di alcuni principi fondamentali. I convincimenti che la banca, pubblica o privata, è impresa; che il riscontro del mercato costituisce l’unico vaglio della validità delle iniziative”. Si era allora alla vigilia dell’avvio del grande percorso di privatizzazione delle banche italiane, allora pubbliche: un processo, va rammentato, che Ciampi influenzò e rese rapido da tutti gli incarichi istituzionali ricoperti.
Nella seconda metà degli anni Novanta Ciampi torna a prendere parte alle Assemblee annuali dell’Associazione Bancaria Italiana in qualità di Ministro dell’Economia e delle Finanze, convinto sostenitore dell’adesione dell’Italia al progetto della moneta unica. Nell’Assemblea ABI del 1997, in particolare, Ciampi sottolineava che “per l’Italia, partecipare fin dall’inizio all’Unione economica e monetaria va ben al di là di esigenze di prestigio o di acquisizione di vantaggi contingenti. Significa concorrere alla formazione della ‘qualità’, dei ‘caratteri’ delle nuove istituzioni europee, operando con gli altri Paesi membri nel definirne le regole del funzionamento e nell’avviarne le prassi”. Sul ruolo di Ciampi nell’aver favorito l’ingresso dell’Italia nell’Unione monetaria si esprime anche il ministro dell’Economia nella sua postfazione: Padoan osserva che “Ciampi voleva l’Italia nell’euro perché riteneva che l’Europa e l’euro avessero bisogno dell’Italia, per evitare una predominanza della componente mitteleuropea, considerando l’Italia, immersa nel Mediterraneo, come ponte di anime e culture diverse. Riteneva che l’Europa fosse destinata a integrarsi: una integrazione economica e monetaria, che sarebbe comunque avvenuta di fatto, ma che bisognava governare”. Importante anche, nella postfazione di Padoan, la sottolineatura che Ciampi volle che il Patto di stabilità “fosse chiamato anche di crescita, temendo che l’integrazione coinvolgesse solo gli aspetti monetari”. Un approccio quanto mai attuale nell’attuale frangente delle Istituzioni Europee, chiamate a superare le numerose contraddizioni eredità della crisi esplosa tra 2007 e 2008 e al contempo ridefinire la propria identità, darsi finalmente una Costituzione comune, disegnare obiettivi capaci di esprimere una visione di strategia economica condivisa, di lungo periodo e orientata allo sviluppo sociale e al progresso.