
(29 gennaio 2025) Missione del Presidente dell’ABI a Bruxelles. Focus sulle priorità del settore bancario e sui principali dossier economico-finanziari. Il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, Antonio Patuelli ha avuto numerosi incontri istituzionali dedicati alle tematiche strategiche per il futuro del settore bancario e alla gestione delle sfide economiche e finanziarie in ambito europeo.
“Il settore bancario si trova ad operare in contesti normativi, fiscali e giuridici sempre più complessi, che impongono continue iniziative per rispettare regole in costante evoluzione – ha sottolineato Patuelli – La crescente incertezza riguardo all’applicazione degli standard internazionali di Basilea3+ genera interrogativi e preoccupazioni. È fondamentale che l’Unione europea utilizzi gli spazi di flessibilità disponibili per evitare che le banche europee si trovino in una posizione di svantaggio competitivo rispetto ai loro concorrenti extra UE”.
“I cambiamenti climatici e la sostenibilità rappresentano sfide sempre più rilevanti per le banche. In un’economia sempre più orientata alla sostenibilità, rispondere alle crescenti aspettative della società e delle autorità regolatorie è indispensabile, ma non spetta alle banche il ruolo di arbitri assoluti della sostenibilità. Devono essere attive autorità pubbliche in grado di valutare la legalità dei comportamenti delle imprese. Le banche contribuiscono acquisendo informazioni e le documentazioni necessarie per verificare la trasparenza fiscale, la solidità economica e progettuale e la regolarità dei processi ESG delle aziende, ma non possono e non devono surrettiziamente ricoprire il ruolo di certificatori pubblici di sostenibilità” ha aggiunto il Presidente dell’ABI.
Nel corso degli incontri, Patuelli ha presentato il documento “Le banche al centro della sfida europea”, approvato all’unanimità dal Comitato Esecutivo dell’ABI, una sintesi delle posizioni e delle proposte dell’Associazione in merito al ruolo cruciale delle banche nel contesto delle sfide europee.
Di seguito il testo integrale del documento.
LE BANCHE AL CENTRO DELLA SFIDA EUROPEA
GENNAIO 2025
Uno scenario in radicale trasformazione
Se la legislatura europea precedente si era chiusa in un quadro d’incertezza sul futuro del continente, quella che si è da poco aperta ha davanti un panorama ancora più complesso. Pesano non solo la guerra al confine dell’Unione, che dopo quasi tre anni fa fatica a imboccare la strada delle trattative di pace e l’altro conflitto, dolorosissimo, i cui effetti stanno ridisegnando la mappa geopolitica del Medioriente, ma anche altre sfide epocali. Se, infatti, la nuova amministrazione degli Stati Uniti d’America rivoluzionerà i paradigmi della politica internazionale, avviando un confronto altamente competitivo con la Cina attraverso un’aggressiva politica dei dazi, si rischierà una marginalizzazione del ruolo dell’Europa e un aggravamento dei pericoli di crisi, già evidenziati dalla caduta della produzione industriale, particolarmente forte in economie chiave come quelle tedesca e francese. Tra guerre commerciali e conflitti armati, l’Europa dovrebbe contare soprattutto sulle proprie forze per rilanciare la sua economia e garantire al tempo stesso la sicurezza del continente.
In definitiva, le ragioni che spingono l’Europa a fare un deciso passo in avanti sono essenzialmente tre: il boom del commercio mondiale, avviato a metà degli anni Novanta dalla nuova regolamentazione del WTO, ha esaurito la sua spinta; l’energia russa a basso costo è stata archiviata dall’invasione dell’Ucraina; e l’Unione non può più contare quasi gratuitamente sull’ombrello americano per garantire la sua sicurezza.
Come la Pandemia e l’invasione dell’Ucraina avevano già spinto la UE a ripensare le precedenti strategie di rifornimenti energetici e di materie prime provenienti da paesi extra UE, i nuovi scenari in via di definizione rendono indispensabile una più generale ridefinizione complessiva degli obiettivi generali, ma soprattutto va recuperato il gap di competitività dell’economia europea, una precondizione senza la quale qualsiasi ambizione dell’Unione di giocare un ruolo da protagonista risulterebbe vana.
Le sfide per il mondo bancario
In questo quadro, il mondo bancario si trova ad affrontare un panorama sempre più complesso e dinamico, caratterizzato da una serie di sfide strategiche che ne influenzano profondamente l’operatività e il posizionamento strategico. Al riguardo l’ABI ha identificato 8 principali sfide, di seguito indicate, che vanno adeguatamente affrontate per garantire la competitività e la resilienza delle banche europee e per recuperare il gap che già un anno fa l’Abi aveva evidenziato, quando aveva ricordato che tra le prime dieci banche mondiali solo due sono europee e tra le prime trenta non ce ne sono che otto; ma per avere ancora più chiaro il senso del divario, basta considerare che la prima banca degli Stati Uniti vale, in termini di capitalizzazione di mercato, quanto tutte le prime dieci banche europee. E questo l’Europa deve averlo ben presente se non vuole affidare solo alle banche straniere il finanziamento del suo futuro.
Tra le 8 sfide, quella della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica ne rappresenta una delle principali. Digitalizzazione e innovazione sono leve di trasformazione che offrono opportunità di efficienza operativa e di miglioramento dell’esperienza del cliente ma richiedono al contempo investimenti significativi in nuove tecnologie e competenze. Contestualmente, la crescente dipendenza dalle tecnologie digitali ha ampliato i rischi legati alla cybersicurezza, al financial crime e alla protezione dei dati, imponendo alle banche l’obbligo di rafforzare le proprie difese contro le minacce informatiche, per proteggere sia i clienti che l’infrastruttura finanziaria.
Il settore bancario deve inoltre navigare in un ambiente di regolamentazione, compliance e fiscalità sempre più complesso e stringente, che richiede continui adattamenti per conformarsi alle normative in evoluzione, garantendo stabilità del sistema finanziario e al contempo la fiducia dei clienti e degli stakeholder.
Parallelamente, i cambiamenti climatici e la sostenibilità stanno emergendo come fattori critici che le banche devono affrontare, integrando criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) nelle loro strategie operative e di investimento, per rispondere alle crescenti aspettative sociali e regolamentari, in un’economia sempre più orientata alla sostenibilità.
Il mondo bancario è anche influenzato dalla concorrenza non tradizionale proveniente da fintech, big tech e altre entità non bancarie, che stanno ridefinendo le dinamiche competitive e spingendo le banche a innovare per mantenere la loro rilevanza sul mercato. Questo avviene in un contesto di crescente incertezza geopolitica e instabilità globale, che introduce ulteriori rischi e incertezze a livello globale, influenzando le strategie di internazionalizzazione e gestione del rischio.
Inoltre, le evoluzioni demografiche, con l’invecchiamento della popolazione e l’emergere di nuove generazioni con aspettative differenti, impongono al settore bancario di adattare i propri servizi e modelli di business per rispondere efficacemente alle esigenze di una clientela diversificata e in evoluzione.
Infine, la capacità di attrarre, sviluppare e trattenere talenti e capitale umano diventa cruciale in un contesto di rapida evoluzione tecnologica e di cambiamento continuo, dove le competenze e l’agilità della forza lavoro rappresentano un vantaggio competitivo determinante.
In sintesi, le banche si trovano a dover affrontare simultaneamente molte grandi sfide, tra loro interconnesse, che richiedono forti investimenti e l’esigenza di bilanciare l’innovazione con la sicurezza, la compliance con la competitività e la sostenibilità con la redditività.
A fronte di queste sfide che incidono sul posizionamento strategico attuale e prospettico e sulla operatività delle banche e degli intermediari finanziari operanti in Europa, è indispensabile definire
priorità, linee di azione strategiche e indirizzi normativi che permettano alle banche di svolgere il loro ruolo rispetto agli obiettivi strategici della UE, tutelandone la competitività e garantendo la leale concorrenza fra tutte le entità che forniscono servizi finanziari.
Le banche, chiave della competitività
Giusto un anno fa, l’ABI, insieme all’EBF (European Banking Federation), aveva lanciato l’allarme, avvertendo che qualsiasi strategia di rilancio della competitività deve passare dalla creazione di un vero mercato finanziario unico, con regole chiare e valide in tutto lo spazio europeo, controllato da poche autorità di vigilanza che abbiano competenza sull’intera area, perché con 27 sistemi finanziari diversi la competitività è una chimera. Del resto, nel varare il Green Deal e il REPowerEU, il piano di attuazione delle misure per la transizione verde, l’Europa aveva già valutato in 600 miliardi di euro annui il fabbisogno di investimenti aggiuntivi, poi indicati in 800 miliardi nel Rapporto Draghi sulla competitività, ma per mobilitare investimenti del genere non c’è altra possibilità che archiviare barriere nazionali e parcellizzazione delle competenze e realizzare davvero quel mercato unico del risparmio e degli investimenti, che è un obiettivo strategico dichiarato.
Si tratta di uno sforzo enorme che non richiede solo volontà politica ma anche un ruolo centrale e strategico delle banche. Mai come ora, infatti, serve all’Europa un forte settore bancario e finanziario, resiliente e redditizio, che contribuisca a mantenere all’interno dell’Unione la grande massa di risparmio privato (33.000 miliardi di euro), indirizzandolo al finanziamento dello sviluppo economico continentale.
L’importanza cruciale di un quadro normativo e regolamentare
più semplice, efficiente e anche flessibile
Dopo la crisi finanziaria del 2008 la revisione del quadro normativo del sistema finanziario, in grande evoluzione per effetto dei vari accordi di Basilea, ha subito una forte accelerazione che ha sicuramente ottenuto il risultato di migliorare la resilienza delle banche, tanto che anche l’Eba ha sottolineato la solidità degli istituti europei e il basso livello medio dei crediti deteriorati.
La natura stessa del processo di revisione, pressato spesso dal clima di emergenza ed orientato soprattutto alla stabilità, non ha portato ad uno sviluppo coeso e coordinato delle regole, ma ad un quadro generale eccessivamente complesso. Ora che il focus deve necessariamente spostarsi sulla competitività e la crescita c’è bisogno non di una deregolamentazione, ma di un sistema normativo e regolamentare più semplice, efficiente e anche flessibile, perché la natura senza confini del digitale e l’evoluzione della fintech e più in generale le sfide e opportunità dell’innovazione tecnologica,
chiedono un rapido adeguamento, tenendo anche conto della disparità competitiva che esiste fra le diverse giurisdizioni e fra i diversi attori economici, non sempre sottoposti alle stesse regole.
Crediamo, quindi, che le istituzioni europee dovrebbero procedere nella valutazione globale del quadro normativo esistente per verificare l’impatto e l’efficienza del quadro regolamentare, non solo in termini di stabilità e resilienza, ma tenendo adeguatamente conto anche degli obiettivi di efficacia, competitività e sostegno alla crescita sostenibile in Europa. Un lavoro che dovrebbe precedere l’esame di qualsiasi eventuale nuova proposta legislativa nel settore dei servizi finanziari.
La valutazione del quadro normativo complessivo dovrebbe anche essere mirata a rendere
finalmente concreto e attuale il principio di proporzionalità, non sufficientemente applicato.
Lo sforzo di semplificazione delle normative dovrebbe essere affiancato anche da una profonda armonizzazione dei diversi impianti giuridici nazionali, con l’obiettivo di arrivare quanto prima a dei testi unici per banche e finanza.
I dossier sul tavolo e le loro possibili implicazioni
Il Pacchetto bancario
Il Parlamento ha approvato un Pacchetto bancario che comprende l’implementazione di Basilea 3 e altri provvedimenti, le cui misure attuative dovranno essere emanate attraverso norme di secondo livello demandate alle istituzioni e alle autorità competenti (prevalentemente l’EBA). Trattandosi di regole che possono avere pesanti impatti sulle banche in termini di assorbimento di capitale e costi di implementazione, sarà quindi importantissimo che siano calibrate in modo da permettere agli istituti di adeguarsi senza compromettere l’efficacia del proprio compito di sostegno alla crescita e assicurando che la normativa di secondo livello rispetti l’intento politico dei co-legislatori di limitare l’impatto sul capitale di Basilea III nell’UE.
In questa ottica assume particolare importanza la revisione di quelle regole che attualmente frenano le misure che le banche possono offrire a sostegno dei debitori in difficoltà, determinanti in una fase economica tanto incerta. Al riguardo, è particolarmente critica la revisione del trattamento prudenziale delle “misure di concessione” (che riguardano per esempio la rinegoziazione o la sospensione del rimborso del finanziamento), con la modifica della soglia che, secondo gli Orientamenti dell’Eba, fa classificare un credito come deteriorato, con tutto ciò che ne consegue. Attualmente la classificazione a default scatta quando la misura di concessione comporta una riduzione superiore all’1% del valore del credito per la banca; si tratta di una soglia già molto stringente e rigida che deve essere innalzata e resa flessibile per evitare, in un contesto critico come quello attuale, effetti profondi sull’economia reale e la competitività delle imprese europee. Il Parlamento Europeo ha fatto propria questa preoccupazione, auspicandone una modifica nella direzione richiesta dal mercato, la speranza è che anche l’Eba recepisca l’importanza di questo
cambiamento. Inoltre, alla luce della aumentata incertezza relativa alla implementazione degli standard internazionali da parte degli Stati Uniti, è fondamentale che l’Unione utilizzi gli spazi di flessibilità ancora disponibili, per non mettere le proprie banche in una condizione di svantaggio rispetto ai concorrenti extraeuropei.
Al riguardo, proprio nell’ottica di evitare di distorcere la concorrenza internazionale, sarà inoltre necessario astenersi da modifiche, non richieste dal Comitato di Basilea, dell’attuale trattamento prudenziale delle esposizioni sovrane.
Disciplina delle crisi bancarie e garanzia dei depositi (CMDI)
Ad aprile 2023 la Commissione Europea ha pubblicato un complesso pacchetto normativo in materia di gestione delle crisi bancarie e tutela dei depositanti (c.d. pacchetto CMDI), che dovrebbe avere una valenza strategica nel completamento dell’Unione Bancaria, a patto però che le banche stesse possano operare nella zona euro come in una singola giurisdizione. Così purtroppo non è, nonostante le intenzioni dichiarate dalla Commissione, la proposta infatti, non sembra in grado di risolvere i problemi normativi, ma lascia molti margini di incertezza e aggiunge altra complessità, mettendo a rischio i meccanismi esistenti a livello nazionale (che hanno dimostrato di funzionare bene per gestire le crisi bancarie), finendo in ultima analisi ad aumentare i costi della gestione delle crisi. Non bisogna dimenticare inoltre, che la stabilità finanziaria è un bene pubblico e che, in situazioni circoscritte, il ricorso a risorse pubbliche in caso di salvataggi non deve essere scartato dogmaticamente.
Le principali criticità contenute nelle proposte normative riguardano il mancato scioglimento di alcuni nodi cruciali della disciplina delle crisi bancarie:
- in materia di “valutazione dell’interesse pubblico” (public interest assessment – PIA) non è stato trovato il giusto equilibrio tra certezza giuridica e discrezionalità amministrativa delle Autorità, finendo per ampliare di fatto il perimetro di applicazione della risoluzione che diverrebbe la procedura principale per la gestione delle crisi;
- di converso
èancora dibattuto il ruolo prioritario dei DGS (Deposit Protection Schemes), che dovrebbero avere semmai un ruolo più attivo nella gestione e prevenzione delle crisi bancarie, facendo leva sul principio del minor onere in termine di costi diretti e indiretti. I testi attualmente in discussione introducono troppe condizioni all’utilizzo dei DGS che non si conciliano con la necessaria velocità di intervento in caso di crisi bancarie. Inoltre, sembra prefigurarsi un aumento generalizzato dei costi di contribuzione delle banche ai DGS; - la calibrazione del MREL (Minimum Requirement for own funds and Eligible Liabilities), ossia la quantità di fondi propri e passività ammissibili sufficiente a garantire alle banche l’assorbimento di eventuali perdite e la ricapitalizzazione, nel caso delle banche medio- piccole deve lasciare margini di discrezionalità alle Autorità nazionali nel poter valutare la
capacità di accesso al mercato degli intermediari di minori dimensioni, con la previsione di un adeguato periodo di transizione;
- sulla scorta delle recenti vicende americane, va inserito anche nel quadro europeo uno strumento di intervento pubblico e di ultima istanza in caso di grave crisi sistemica, sulla falsariga della US Systemic Risk Exemption;
- per assicurare complessiva coerenza all’ordinamento giuridico, la Comunicazione del 2013 della DGCOMP, relativa alle norme in materia di aiuti di stato e alle misure di sostegno alle banche nel contesto di crisi finanziarie, deve essere rivista, contestualmente alle norme di primo livello, ai sensi delle recenti sentenze della Corte di Giustizia europea.
Circolazione dei flussi di capitale e liquidità
Per la definizione di una vera Unione Bancaria europea occorrerà inoltre promuovere un miglioramento sostanziale della libertà di circolazione dei flussi di capitale e di liquidità all’interno dei gruppi transfrontalieri dell’UE.
L’assenza di deroghe significative alle norme prudenziali, per agevolare i trasferimenti infragruppo a livello transfrontaliero – che consentano ai gruppi internazionali di gestire la propria liquidità e il proprio capitale a livello consolidato – e l’esistenza di restrizioni nazionali sulle distribuzioni di capitale in eccesso impediscono, infatti, alle banche di impiegare il capitale e la liquidità dove più necessario.
Per quanto riguarda il capitale, nell’applicare i requisiti di secondo Pilastro ai gruppi bancari con sede nell’area dell’euro, il Meccanismo di vigilanza unico dovrebbe tenere conto del profilo di rischio di ciascuna controllata e dei suoi livelli di capitale, anziché replicare automaticamente i requisiti a livello consolidato.
Completamento dell’Unione del Mercato dei Capitali (CMU)
I grandi investitori, soprattutto al di fuori dell’UE, sono scoraggiati dalle strutture di mercato europee, spesso meno liquide, meno attraenti e frammentate in 27 Stati membri. Di converso, per effetto della Brexit, l’Unione ha perso circa un terzo del suo mercato dei capitali ed ha anche guadagnato un concorrente con profondi pool di liquidità.
In questo scenario complesso diventa fondamentale collocare le proposte e le azioni per il rilancio dell’Unione del Mercato dei Capitali all’interno di una nuova visione complessiva che coinvolga tutte le istituzioni e gli attori principali, sia a livello europeo sia nazionale, con soluzioni semplici, rimuovendo a livello comunitario e nazionale le barriere, verificando la coerenza dell’intero quadro
regolamentare (fondi pensione, assicurazioni, ecc.) con l’obiettivo di aumentare la partecipazione degli investitori al dettaglio nei mercati finanziari.
In attesa di conoscere la proposta che la Commissione sta preparando, va comunque ribadito che per raggiungere lo scopo è necessario che l’area dell’euro diventi un effettivo spazio unico, cioè una single jurisdiction, affinché si superi l’approccio di difesa dei confini nazionali da parte delle singole autorità che oggi crea un forte disincentivo a una crescita degli attori del mercato, attraverso aggregazioni a livello europeo; crediamo anche che l’interpretazione delle regole e delle norme debba avvenire in maniera armonizzata e omogenea in tutta Europa a differenza di quanto avviene ora; chiediamo, infine, che il processo di regolamentazione conduca a un quadro più semplice, meno dettagliato e meno orientato alla microregolazione.
In questo scenario assume particolare importanza la cartolarizzazione, come strumento per collegare il mercato dei capitali al finanziamento del debito delle imprese. Lo sviluppo del mercato delle cartolarizzazioni contribuirebbe alla crescita dell’Unione dei mercati dei capitali e consentirebbe inoltre alle banche di aumentare significativamente i loro volumi di finanziamento e sono questi i temi che l’Abi ha evidenziato nel corso della Consultazione avviata lo scorso ottobre dalla Commissione Europea, di cui si aspettano ora le conclusioni.
Strategia di investimento al dettaglio (Retail Investment Strategy)
Per la crescita del mercato dei capitali è fondamentale la partecipazione degli investitori al dettaglio e a questo proposito è prossima all’esame del trilogo una proposta di revisione normativa, che pur condivisibile nella finalità, presenta rilevanti profili di criticità di metodo e di merito, innanzi tutto perché a trent’anni dalla prima regolamentazione (ISD) e tenendo anche conto delle due successive revisioni (MIFID e MIFID2), non ci sono stati fallimenti di mercato o altri eventi particolari che giustifichino un intervento tanto radicale, né tantomeno è stata condotta preliminarmente una adeguata valutazione dell’impatto delle proposte, che si presentano macchinose e complesse. Il rischio concreto, quindi, è che con regole di questo tipo si arrivi ad ottenere un risultato contrario agli obiettivi dichiarati, ossia allontanare dai mercati dei capitali la componente retail.
Quadro macroprudenziale
Dopo la consultazione pubblica avviata nel 2021, deve essere ora definita una proposta legislativa che ridisegni il quadro macroprudenziale europeo. A questo proposito è essenziale che si consideri questo quadro nel suo complesso e non solo le misure strettamente macroprudenziali, assicurando la coerenza dell’impianto complessivo e la chiarezza dei ruoli di ciascuno strumento (anche al fine di evitare duplicazioni), nonché dei poteri attribuiti a ciascuna Autorità (con opportuno coordinamento tra di loro), evitando onerose duplicazioni tra i requisiti prudenziali e individuando chiaramente quali rischi sono coperti dai differenti “buffer di capitale”.
Il quadro macroprudenziale dell’Unione europea è, infatti, eccessivamente complesso e la crisi COVID-19 ha messo in luce evidenti carenze soprattutto riguardo la reale possibilità di utilizzo delle riserve di capitale; pertanto, la revisione del quadro dovrebbe fare chiarezza sulla disciplina dei buffer, senza comportare requisiti patrimoniali più elevati, tenuto conto che le stesse autorità reputano più che adeguato il livello di patrimonializzazione delle banche.
La Transizione energetica, un percorso da razionalizzare
La protezione dell’ambiente è di gran lunga la sfida più rilevante per l’economia e la società europee ma anche quella che richiede gli investimenti più consistenti.
Nella scorsa legislatura è stato fatto uno sforzo notevole per trasferire obiettivi e strategie del processo di transizione energetica in un quadro normativo complessivo. La corsa fatta per approvare l’intero pacchetto prima della conclusione della legislatura impone ora, però, un ulteriore lavoro di razionalizzazione e semplificazione delle misure e la Commissione sembra consapevole di questa esigenza, tanto che dovrebbe presentare nei primi mesi dell’anno una specifica Direttiva omnibus che vada proprio in questa direzione. In attesa di conoscerne il testo è bene ricordare che la finanza sostenibile è una priorità fondamentale per il settore bancario europeo, che a questo scopo sta contribuendo a definire gli schemi di rendicontazione e sta ridefinendo i parametri di gestione del rischio e i processi di definizione e approvazione dei crediti, per garantire l’allineamento con gli obiettivi di sostenibilità dell’UE.
Le banche già assistono i clienti nella transizione, aiutandoli a reperire i finanziamenti necessari e consigliandoli in ogni fase di questo complesso percorso di trasformazione della sostenibilità, tuttavia, non possono guidare da sole questo processo, né possono assumersi la responsabilità primaria di far rispettare le politiche climatiche. Spetta alle istituzioni definire politiche chiare e coerenti che incentivino tutti i settori e le imprese a progredire in questa transizione, e questo comporta la necessita di chiarire due aspetti:
- Le istituzioni UE dovrebbero stabilire un chiaro quadro finanziario di transizione, delineando percorsi settoriali e tabelle di marcia rispetto alle quali le imprese possano adeguare i piani di sviluppo e le banche possano definire le proprie strategie di finanziamento della transizione.
- Per consentire alle banche di supportare al meglio i loro clienti, è fondamentale che le imprese pubblichino i loro piani di transizione secondo gli standard delineati dall’ESRS (European Single Reporting Standard). Pertanto, è essenziale che ogni impresa, al di là delle soglie stabilite dalla CSRD, sia tenuta a elaborare un piano di transizione di elevata qualità, che comprenda almeno le informazioni previste dall’ESRS.
Finanza digitale: opportunità e rischi
L’innovazione tecnologica sta aprendo scenari impensabili, come l’ingresso nel mercato finanziario degli Over the top, le grandi società tecnologiche, per lo più statunitensi, con reti potenti, capacità d’investimento quasi illimitate ed archivi di dati di dimensioni planetarie. La sfida, insomma, è tale che richiederebbe una visione strategica e un conseguente approccio legislativo equilibrato che promuova e sostenga l’innovazione europea mantenendo al contempo l’autonomia strategica, mentre negli ultimi cinque anni si sono accavallate in Europa proposte politiche orizzontali e settoriali, tutte slegate fra loro.
Nel campo generale della politica economica ci sono stati: il Data Governance Act, il Digital Markets Act, il Data Act, il Financial Data Access Regulation; tre proposte hanno riguardato i sistemi di pagamento: pagamenti istantanei, PSD3 e PSR, corso legale delle banconote e monete in euro; altre quattro proposte hanno riguardato la sicurezza informatica e la resilienza: la direttiva NIS2, il Cyber Resilience Act, il Cyber Solidarity Act, il Digital Operational Resilience Act; ed ancora si sono aggiunti il regolamento per l‘istituzione dell’euro digitale; il Markets in Crypto Assets Regulation (MICA); il Regolamento per l’Identità Digitale; l’AI Act. A questo punto è necessaria una pausa di riflessione per valutare insieme alle imprese bancarie se ci sono carenze, sovrapposizioni, interventi o omissioni eccessive e ridefinire di conseguenza il disegno generale. Nell’immediato, rispetto alle proposte normative sui servizi di pagamento che procedono speditamente nell’iter approvativo, è necessario che i colegislatori prevedano una corretta remunerazione degli ingenti investimenti infrastrutturali a cui le banche sono chiamate e che si preveda una corretta allocazione delle responsabilità in caso di frode in capo a tutti gli operatori coinvolti nella catena dei pagamenti, inclusi gli operatori telefonici. Al contrario, la previsione di una responsabilità oggettiva in capo alle sole banche comporterebbe un disincentivo alla prevenzione delle frodi da parte degli operatori e degli stessi pagatori, con il risultato di abbassare il livello di sicurezza e fiducia nei sistemi di appagamento digitali.
Ci sono iniziative normative, come il Digital Markets Act (DMA) e il regolamento sui mercati delle cripto-attività (MICA), che potrebbero svolgere un ruolo importante nel contrastare il fenomeno dello Shadow banking, ma al tempo stesso la proposta Financial Data Access (FIDA), che impone la condivisione dei dati da parte delle banche, rischia di risultare ancora più penalizzante per le banche rispetto ai nuovi competitor, perché è evidente che permettere il libero accesso ai dati del settore finanziario ai colossi della big tech, che hanno già una posizione dominante nel campo dei dati individuali e aziendali, senza garantire le corrette reciprocità e remunerazione degli investimenti, per di più in assenza di casi di utilizzo (use case) concreti che dimostrino il valore aggiunto della proposta normativa, non può che rendere ancora più squilibrata la competizione.
La sfida dell’Euro digitale
In questo quadro è di fondamentale importanza la forma che prenderà il progetto di Euro digitale che integrerà le attuali forme legali di pagamento.
E’ apprezzabile il potenziale ruolo di rafforzamento dell’economia e dell’autonomia della UE, come antitesi al riciclaggio e ai monopoli delle Big Tech.
Tuttavia, l’effettiva realizzazione dovrà evitare la disintermediazione bancaria; dovrà essere strumento innovativo, garantito dalla BCE, con la collaborazione intensa delle banche. E a questo proposito bisognerà riflettere adeguatamente sulle modalità del suo utilizzo “offline”, limitandole temporalmente e a casi eccezionali.
La lotta contro il crimine finanziario
La presenza di denaro in forma digitale e di dati sensibili rendono il settore bancario oggetto di continui attacchi informatici e potenzialmente vulnerabile a attività illegali, quali frodi, riciclaggio, finanziamento del terrorismo. Per questo le banche sono il primo presidio a tutela delle attività economiche legali e dalle infiltrazioni della criminalità nell’economia e sono il principale alleato delle Autorità nel combattere la criminalità finanziaria attraverso i requisiti di dovuta diligenza, il monitoraggio delle transazioni e la segnalazione di attività sospette. Il settore bancario è infatti il principale presidio per l’individuazione delle operazioni di riciclaggio di denaro. Di conseguenza, il settore bancario europeo ha sostenuto la revisione del quadro giuridico AML/CFT (Anti-Money Laundering/Countering the Financing of Terrorism) e l’istituzione di una nuova autorità europea di settore. (AMLA).
Per rendere il sistema veramente efficace, è essenziale che il nuovo quadro consenta l’uso dei mezzi e degli strumenti più appropriati per combattere efficacemente, come il ricorso, nel pieno rispetto dei requisiti di protezione dei dati personali, alle nuove tecnologie e all’IA per facilitare lo scambio di informazioni sui rischi e le minacce tra autorità e banche. Quanto, invece, all’Autorità antiriciclaggio europea (AMLA), l’ABI la considera una componente cruciale del futuro quadro europeo di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo ed ha accolto con grande soddisfazione la nomina alla sua presidenza di Bruna Szego, già direttore dell’Unità di Supervisione e Normativa antiriciclaggio della Banca d’Italia. Un giusto riconoscimento della professionalità e delle competenze della dottoressa Szego e del ruolo centrale di Bankitalia in Europa.