(7 settembre 2013) Garantire omogeneità di norme sui crediti deteriorati rafforza competitività e sostiene imprese. Da ABI costanti richieste di norme omogenee. Ancora un mese o poco più e si potrà contare sul testo con cui l’Eba, la European banking Authority, farà chiarezza sui crediti deteriorati (non performing).
L’Eba, chiusa da poco la consultazione sulle prassi nel credito, sta lavorando ad una definizione unica in Europa su crediti deteriorati e sofferenze. L’analisi del testo messo in consultazione indica che la prospettiva è quella di regole più stringenti rispetto a Paesi che lasciano ampi margini di discrezionalità. Ciò è in linea con le regole e la prassi seguiti in Italia, dove la Banca d’Italia ha sempre avuto un orientamento di grande rigore. Nel modello italiano, peraltro, i criteri di contabilità e di vigilanza sono sostanzialmente gli stessi. Ciò che risulta in bilancio è equiparabile a ciò che emerge da un punto di vista prudenziale. L’obiettivo Eba è giungere ad un’armonizzazione in vista degli stress test del prossimo anno.
La valutazione della qualità del credito delle banche è, infatti, condotta sulla base di confronti internazionali tra banche di Paesi diversi con riferimento ai dati ufficiali di bilancio sui crediti deteriorati. Questi dati, però, non sono pienamente comparabili. Per il momento, non esistono, infatti, regole e prassi comuni in Europa nella definizione dei crediti deteriorati, come evidenziato dalla ricerca realizzata da PricewaterhouseCoopers (PwC), recentemente inviata all’attenzione delle Autorità nazionali ed europee per sottolineare l’urgenza di rendere omogenee le pratiche di vigilanza in Europa.
Un importante elemento di divergenza consiste, ad esempio, nelle diverse modalità di individuazione dei crediti deteriorati, che per alcuni intermediari sono definiti anche in base al valore delle garanzie ricevute a fronte dei prestiti. In tal senso, un confronto maggiormente omogeneo tra paesi, condotto ricalcolando l’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei crediti e il tasso di copertura degli intermediari italiani con modalità coerenti con quelle adottate in media in Europa, ovvero escludendo le posizioni interamente coperte da garanzie, indica che per le banche italiane l’incidenza dei prestiti deteriorati sul totale dei crediti scenderebbe dal 12,4 all’8,5% (-32% rispetto a quella di bilancio) e il tasso di copertura migliorerebbe dal 37,4% al 54,9%.
In linea con questo quadro, l’ABI insiste oggi più che mai sulla richiesta di regole uniformi. L’auspicio è che siano varate regole omogenee, utili ad evitare potenziali ingiustificate penalizzazioni nei prossimi stress test del 2014. Lasciare ampi margini di discrezionalità, anche solo nelle prassi, può avere, infatti, risultati pesanti e forti reazioni sui mercati. Al contrario, poter contare su regole uniformi in Europa vuol dire permettere al settore bancario italiano di operare su un terreno livellato, assicurare competitività al sistema Italia e più credito alle imprese.
Tutto ciò nonostante la crisi ancora in atto, che continua ad incidere sulla rischiosità dei prestiti, come evidenzia l’elevato livello delle sofferenze, che a giugno 2013 risultano pari a 70,6 mld in termini netti e a 138 mld in termini lordi. L’incidenza delle sofferenze sugli impieghi totali in termini netti è pari a 3,75% a giugno 2013, in crescita dal 3,6% del mese precedente e dal 2,8% di un anno prima. Il rapporto sofferenze lorde su impieghi è invece pari a 7,1% a giugno 2013 rispetto al 5,7% di un anno prima, valore che raggiunge il 12,8% per i piccoli operatori economici, l’ 11,2% per le imprese ed il 6% per le famiglie consumatrici.