(14 marzo 2024) Lectio magistralis del Presidente Antonio Patuelli in occasione della cerimonia di inaugurazione Dies academicus 2023-2024 presso l’Università cattolica di Brescia
Lectio Magistralis “Etica, economia e prospettive bancarie in Italia”
“Occorre più etica.
L’etica si dà troppo spesso per scontata.
I codici etici sono stati introdotti e sono un passo avanti di codificazione, di educazione, di consapevolezza e di vigilanza. Sono stati introdotti soprattutto nell’ambito bancario molti livelli di controllo, controlli di controlli. Si tratta di passaggi utili, ma la matrice culturale e storica dell’approccio etico ha bisogno di maggiore approfondimento.
Occorre una più convinta consapevolezza della prevalenza dei principi costituzionali nel viver civile, un orizzonte con una concezione dello Stato come garante attivo di tutte le libertà, civili, economiche sociali, ambientali, dei doveri e dei diritti.
I doveri formano il cittadino mentre i diritti, da soli, portano al disordine.
L’economia, se sottratta alla influenza direttrice del diritto e della morale, se disgiunta dai principi, porterebbe all’egoismo.
L’etica deve prevalere anche sul diritto. Anche quando un’operazione economica è giuridicamente lecita, se essa contrasta con l’etica, questa non deve essere conclusa.
Infatti il minimo dell’etica è la legalità, l’applicazione di tutte le norme di qualsiasi natura. L’etica può responsabilmente convincere le persone ad essere più scrupolose di quanto dispongano le norme.
Dal Concilio Vaticano II le analisi dei fattori economici e dell’etica in economia hanno prodotto delle innovazioni trasfuse poi in Encicliche e nella dottrina sociale della Chiesa: il rapporto fra morale ed economia è necessario ed intrinseco. La necessaria distinzione fra morale ed economia non comporta una separazione fra i due ambiti, ma una reciprocità importante.
Comune è l’idea che la dimensione morale dell’economia consente di cogliere come finalità inscindibili l’efficienza economica e la promozione di uno sviluppo solidale e sostenibile dell’umanità. L’economia come luogo di creazione di ricchezza non fine a sé stessa, ma come mezzo, strumento, per l’incremento dello sviluppo, del progresso, dei più alti gradi di civilizzazione, in cui l’elemento qualitativo supera quello quantitativo.
Tutto ciò che è moralmente corretto, è finalizzato allo sviluppo globale e solidale della persona e della società.
Tutto ciò si può realizzare solo in una economia di mercato, nella quale l’iniziativa privata gode di uno spazio ampio.
La Dottrina sociale riconosce l’importanza della correttezza e trasparenza contabile e la centralità del rispetto della dignità delle persone che costituiscono il patrimonio più prezioso di una azienda; accetta e riconosce la giusta funzione del profitto come primo indicatore del buon andamento dell’azienda e condanna il ricorso all’usura.
La Dottrina sociale della Chiesa critica giustamente “l’egoismo miope e limitato al corto termine” che “alla fine non paga e fa pagare a tutti un prezzo troppo alto”.
L’obiettivo è il progresso del bene comune nel rispetto della dignità umana. Fondamentale è la libertà e la responsabilità di ciascuna persona, poiché l’economia “ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona”. Ogni progresso del mondo economico non può considerarsi tale se misurato solo su parametri di quantità e di efficacia nel produrre profitto, ma va commisurato anche alle qualità delle vite che produce e dell’estensione del benessere, non solo materiale, che diffonde.
Il profitto va perseguito – rileva la Dottrina sociale della Chiesa – ma mai “ad ogni costo”, né come elemento totalizzante. Il profitto, “fattore intrinsecamente necessario ad ogni sistema economico” va coniugato con la responsabilità sociale. Il benessere va valutato con criteri più ampi del Pil, tenendo conto anche di altri parametri quali la sicurezza, la salute, la crescita del “capitale umano”, la qualità della vita sociale e del lavoro. Guadagno e solidarietà non sono antagonisti in un circuito virtuoso che deve scaturire anche da tutte le potenzialità positive dei mercati. Così come “ogni attività economica non può sostenersi alla lunga se non è vissuta in un clima di sana libertà d’iniziativa”.
“In linea di principio tutte le dotazioni ed i mezzi di cui si avvalgono i mercati per potenziare la loro capacità allocativa, purché non rivolti contro la dignità della persona e non indifferenti al bene comune, sono moralmente ammissibili”. Sono nettamente criticabili gli egoismi e le sopraffazioni nella finanza, gli abusi e i raggiri specie ai danni di controparti meno avvantaggiate. Anche strumenti finanziari leciti, se commercializzati in asimmetria informativa, approfittando delle lacune cognitive e della debolezza contrattuale altrui, costituiscono violazioni della correttezza e una grave infrazione etica.
Luigi Einaudi scriveva che “una forza morale è il motore nascosto delle grandi opere di pace, ci ammaestra quanto grande sia stato, e per fortuna, il cammino compiuto dagli uomini sulla via dell’onestà, del fedele adempimento ai propri impegni, della fiducia reciproca e della rinuncia ai più gretti interessi particolari sull’altare della necessità collettiva”.
Sulla probità Einaudi era intransigente: “le difficoltà dell’arte bancaria sono eccezionali (…). Ufficio del banchiere è invero quello di affidare danari altrui all’uomo capace e probo, il quale sappia farli fruttare a proprio vantaggio ed, al momento stipulato, li restituisca. Solo i fatui possono immaginare che questo sia un compito facile. Nel mondo economico non ne esiste altro più difficile” ed aggiungeva: “tutti dichiarano di essere probi, specialmente quando si è portati a trovare poi pretesti per proclamarsi correttissimi e disgraziati se non si può restituire. Il banchiere, invece, ha un dovere solo: impiegare in modo sicuro il danaro dei propri fiduciari. Se egli ha un momento di falsa pietà, se diventa inutilmente ottimista o fiducioso, egli è perduto: e cioè sono perduti i danari dei depositanti”.
Anche sull’indipendenza delle banche Einaudi era intransigente: “l’arte bancaria è un’arte difficilissima; e l’aggiunta d’un aggettivo qualunque al titolo è atto, forse, soltanto a crescere difficoltà già di per sé stesse eccezionali. …Il dirigente deve lottare non solo contro gli uomini non capaci e non probi, desiderosi dei denari dei suoi depositanti, ma contro coloro che non essendo né capaci, né probi, gli chiedono denaro in virtù del proprio aggettivo”, cioè dell’appartenenza ad una od altra convinzione.
Molto nitidi sono pure gli insegnamenti di Einaudi sulle distinzioni, sulla separatezza fra banche ed imprese di ogni genere.
Einaudi indicava la “regola aurea” cioè “che i clienti industriali, i quali debbono comprare il credito, non debbono fissarne essi medesimi il prezzo e le modalità …vedere spadroneggiare nelle banche i clienti industriali è assai più pericoloso; poiché significa che i clienti possono adoperare a loro posta e magari sprecare i denari dei depositanti”. “La banca vive di fiducia. I depositanti ed i correntisti accorrono a portar danari finché sanno d’affidarli a banchieri sperimentati e prudenti e indipendenti che li impiegano nell’esclusivo interesse della sicurezza e del buon rendimento dei capitali ricevuti in deposito. Ogni altro scopo è nocivo alla banca”.
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Il concetto di etica è molto più antico e consolidato di quello di sostenibilità, anche se i due concetti appaiono sempre più connessi.
Per millenni le persone non si sono poste problemi di sostenibilità, di limiti alla crescita economica e allo sviluppo: le società erano, in genere, quanto mai arretrate, la povertà era prevalente, la popolazione cresceva gradualmente e le risorse della Terra parevano illimitate. Si trattava principalmente di sfruttare sempre meglio le allora apparenti infinite potenzialità della Terra e dello sviluppo economico, sociale e civile.
Soltanto nel Novecento avanzato, molto avanzato, si sono crescentemente affermate le problematiche dei rischi dello sviluppo senza confini e della tutela dell’ambiente, anche prospettica, ma coloro che se ne occupavano spesso apparivano dei futuristi catastrofici e visionari.
L’Italia si sorprese quando venne colpita da diverse violente forme di inquinamento, come nel 1976 dal disastro di Seveso, e poi dall’eutrofizzazione delle alghe in Adriatico, cioè dai processi degenerativi delle acque conseguenti a vari fenomeni industriali e urbani.
Soltanto negli anni Ottanta l’Italia istituì un Ministero apposito, prima definito dell’Ecologia e poi dell’Ambiente.
Il termine “sostenibilità” non è nemmeno contemplato dalla gran parte dei più dotti dizionari di scienze sociali, di politica, di economia e finanza, né in quelli generalisti anche di fine Novecento.
La rapidità dell’accelerazione dello sviluppo economico e della popolazione ha più recentemente imposto il termine “sostenibilità” che occorre innanzitutto declinare come metodo, come lungimiranza delle potenzialità di ogni attività e iniziativa e dei rischi connessi.
La sostenibilità è, in sostanza, alternativa all’attualismo, a tutto ciò che non valuta le conseguenze innanzitutto prospettiche. Sostenibilità è innanzitutto visione lunga e alternativa alle scelte basate anche sulla sondaggistica che analizza principalmente le conseguenze emotive di fenomeni già consolidati.
L’etica ha incrociato per prima la sostenibilità e le sue connessioni.
L’etica, termine di derivazione greca ed in qualche modo equivalente alla latina morale, ha millenni di riflessioni alle spalle e già da secoli, implicitamente, contiene anche i principi della “sostenibilità”, ma senza una sua specifica, prospettica e matura declinazione, anche se molto approfondita nei secoli è stata la discussione sulle leggi della natura, più che sui suoi limiti prospettici.
Nel Novecento, finalmente, si è affermata crescentemente la connessione diretta fra morale civile e diritto pubblico, soprattutto nel nuovo costituzionalismo, frutto non di concessioni regie, ma di elaborazioni collettive di Costituzioni da parte di Assemblee rappresentative.
L’etica si è così crescentemente diffusa come consapevolezza più generale, non solo conseguenza di norme disposte da autorità non elettive.
Più fortemente sono cresciute le attenzioni generali verso i diritti dei malati e l’etica negli affari.
Sostenibilità impone un salto di qualità, innanzitutto metodologico e prospettico, di valutazione dei rischi di crescita all’infinito di uno sviluppo che deve essere preventivamente compatibile con la tutela della salute e dell’ambiente e con le possibilità stesse di ulteriore potenziale, anche inimmaginabile, futuro ulteriore sviluppo.
La Dottrina sociale della Chiesa ha fatto importanti sforzi in tal senso. Giovanni Paolo II, così come suoi autorevoli contemporanei laici, ha indicato la necessità che “prevalga l’etica del rispetto per la vita e la dignità dell’uomo, per i diritti delle generazioni umane presenti e di quelle che verranno”.
A fine Novecento crebbero le sensibilità verso i rischi di sviluppo di un mondo più popolato, più inquinato, meno stabile ecologicamente e più prospetticamente vulnerabile. Iniziava a valutarsi che, nonostante le maggiori produzioni, la popolazione mondiale sarebbe stata più povera, che la stessa disponibilità di cibo avrebbe potuto peggiorare.
Così la tutela dell’ambiente rappresenta una sfida per tutta l’umanità, un dovere comune e universale di rispettare beni collettivi, impedendo che si possa fare “impunemente uso delle diverse categorie di esseri viventi o inanimati”.
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I crudeli conflitti in Ucraina e nel vicino Oriente colpiscono duramente i principi fondamentali della dignità umana.
Gli aspetti umanitari sono i più gravemente violati, ma, dopo di essi, non vanno sottovalutati i rischi per l’economia.
Questi conflitti, oltre alle inammissibili violenze, portano anche a crescite di costi energetici e a ulteriori spinte inflazionistiche che possono portare a nuovi rischi di indebolimento della crescita economica.
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Il recente decennio di tassi a zero e sottozero ha rivoluzionato la cultura e le consuetudini del risparmio.
Dinanzi all’inflazione, alle crescite dei tassi e al calo della domanda di credito, occorrono riflessioni ed iniziative innovative.
Il risparmio va sempre rispettato e mai forzato dalle Istituzioni e da pressioni commerciali indebite.
Il risparmio è energia fondamentale per lo sviluppo e l’occupazione: occorre riformare e ridurre rapidamente la pressione fiscale sul risparmio investito a medio e lungo termine.
Gli investimenti del risparmio nell’economia produttiva non producono rendite, ma rendimenti più o meno basati sul rischio.
Occorre non confondere e distinguere i rendimenti investiti in attività produttive a medio e lungo termine, rispetto alle operazioni speculative a brevissimo termine.
Chiediamo alla BCE di combattere l’inflazione evitando una nuova recessione: bisogna soprattutto incentivare lo sviluppo.
Le strette monetarie consistono negli aumenti dei tassi, nella riduzione degli acquisti della BCE di titoli di Stato, nell’impennata dei costi per le banche dei finanziamenti TLTRO di liquidità e nell’azzeramento della remunerazione della riserva obbligatoria che le banche debbono mantenere depositata nelle Banche centrali.
Le strette monetarie accentuano la più forte concorrenza fra le banche nella raccolta del risparmio, con un’impennata dei rendimenti per i risparmiatori che investono liquidità con durata prestabilita, con tassi competitivi con quelli dei Titoli di Stato.
Gli investimenti di risparmi nelle banche, soprattutto con durata prestabilita, combattono i rischi di razionamento del credito in una fase in cui si è molto ridotta la liquidità nel mercato, una tendenza che si sta accentuando con la conclusione delle ultime TLTRO.
La concorrenza fra le banche sta facendo gradualmente crescere i rendimenti anche sulla liquidità nei conti correnti (innanzitutto strumenti per incassi e pagamenti) che non è a durata prestabilita e non può garantire mutui pluriennali e stabili prestiti a imprese e famiglie.
Stato, banche e operatori finanziari pubblici e privati sono in piena concorrenza nella raccolta della liquidità con i tassi e le loro durate.
I risparmiatori ottengono i migliori rendimenti negli investimenti in liquidità, vincolando i depositi a scadenze predefinite.
Concorrenza nella piena legalità, trasparenza e controlli debbono sempre garantire i risparmiatori.
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Dopo anni di ricapitalizzazioni e ristrutturazioni realizzate dagli azionisti e dalle banche con sacrifici e senso di responsabilità, assieme alle rappresentanze sindacali ed ai lavoratori, i rischi, anche internazionali, sono nuovamente cresciuti: vi sono nuovi sintomi di deterioramento del credito che necessitano di ulteriori prudenziali accantonamenti per il rafforzamento anche prospettico della solidità patrimoniale delle banche, premessa di economia solida.
Bisogna prepararsi in anticipo alle più alte soglie di requisiti patrimoniali imposte dalle regole di “Basilea 3+”, mentre sono cresciuti i rischi di crisi di liquidità: negli USA le recenti crisi bancarie sono state crisi di liquidità.
Quando, fino a circa due anni fa, erano negativi i tassi dei BOT e dei depositi volontari delle banche in BCE, le banche in Italia non applicavano tassi negativi ai risparmiatori.
Le banche in Italia hanno un maggior carico di mutui a tasso fisso (circa il 60%), rispetto a quelli a tasso variabile.
L’ABI ha pubblicato un memorandum di iniziative bancarie per aiutare i mutuatari in difficoltà per far fronte alla crescita dei tassi variabili: solo in Italia vi è la possibilità di rinegoziare i contratti di mutuo anche spostandoli in banche concorrenti.
Occorrono regole più flessibili per banche, imprese e famiglie per ristrutturare i crediti deteriorati: chiediamo che l’Autorità Bancaria Europea (EBA) renda meno rigida l’inflessibile normativa che molto limita le ristrutturazioni dei crediti.
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I rischi e le sfide per le banche non finiscono mai.
La lotta all’inflazione è la priorità non solo delle Banche centrali.
Sono evidenti i rischi per il credito a imprese e famiglie che, in dieci anni di tassi a zero, spesso non avevano previsto i rapidi aumenti dei tassi e le riduzioni della liquidità.
Le banche non hanno rendite di posizione e vengono da anni difficilissimi per crisi di imprese e del debito sovrano, recessioni, epidemie, catastrofi naturali, cui hanno fatto e fanno fronte con grandi aumenti di capitale, accantonamenti e ristrutturazioni sempre socialmente rispettose e realizzate con costruttivi accordi con le Rappresentanze Sindacali.
Salvo nel caso di una sola banca nazionalizzata, le banche in Italia hanno dovuto farsi carico delle forzate risoluzioni e degli altri oneri delle crisi e dei salvataggi di banche concorrenti.
Le banche sono impegnate nel garantire cospicui livelli di liquidità anche a medio e lungo termine, sempre più preziosa e costosa.
Fondamentali sono i sistemi di garanzia dei crediti che debbono proseguire assieme alla legislazione agevolativa per le imprese, il Mezzogiorno e per l’acquisto della prima casa soprattutto, ma non solo, per i giovani.
Indispensabile è la maggiore tutela degli onesti con una giustizia civile ancora più efficiente, senza differenze fra le varie zone d’Italia.
Le recenti crisi bancarie fuori dall’Unione Europea hanno evidenziato la positività delle rigorose regole dell’Unione bancaria e della Vigilanza unica che meglio garantiscono banche più solide e risparmi più tutelati.
Saggia, autorevole, coerente e lungimirante è la posizione della Banca d’Italia per evitare eccessive strette monetarie e penalizzazioni dello sviluppo.
La lotta all’inflazione non può dipendere esclusivamente dalle politiche monetarie: occorrono strategie rigorose contro ogni evasione fiscale, per la riduzione del debito pubblico in rapporto al PIL e in cifra assoluta, e contro la spirale di crescita dei prezzi, quando l’euro è più robusto della vecchia lira italiana e limita l’inflazione.
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Le banche sono fortemente impegnate in continue innovazioni tecnologiche, per la tutela dei doveri e diritti di tutti, e chiedono regole e certezza del diritto che garantiscano da abusi di ogni genere.
Per l’intelligenza artificiale occorrono principi etici, trasparenza, responsabilità sociale per la sicurezza e la protezione dei dati. Necessita il controllo umano ed etico degli algoritmi, a tutela di libertà e responsabilità.
Non deve esserci disordine e concorrenza sleale di operatori economici e finanziari non regolamentati: l’esperienza e gli abusi nelle pseudo cripto valute evidenziano l’indispensabile necessità che le tecnologie, anche il Metaverso, non siano estranee alle regole che, come la tassazione, debbono essere uguali per tutti.
MiCAR, DORA, PISA e il registro dell’Organismo agenti e mediatori sono importanti passi in avanti, ma non bastano nella continua rincorsa fra tecnologie e regole e nella lotta al riciclaggio e per la sicurezza.
Importanti sono le iniziative delle Autorità, come la Consob, contro l’abusivismo finanziario.
Il progetto di euro digitale è una sfida impegnativa, con importanti potenzialità e rischi che necessitano di preventivi limiti definiti dalle Istituzioni europee e dalla BCE a tutela della stabilità finanziaria, della legalità e della corretta concorrenza, per integrare nella complementarietà i pagamenti elettronici e quelli tradizionali.
L’ABI è impegnata contro la criminalità cibernetica, promuove l’innovazione finanziaria partecipando alle iniziative di molti importanti organismi, a cominciare da quelle della Banca d’Italia e attraverso vari enti.
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“L’Europa si farà nelle crisi e sarà la somma delle soluzioni apportate a queste crisi”, disse profeticamente Jean Monnet, uno dei principali promotori dell’Unità europea. Quella storica frase venne pronunciata nell’agosto 1954, difronte al fallimento del progetto di realizzare la CED, la Comunità europea di difesa, promossa in particolare dalla Francia e dall’Italia e successivamente non ratificata innanzitutto per un ripensamento francese. Dal 1954 molti sono stati i momenti di difficoltà nella realizzazione del sogno di interrompere secoli di guerre in Europa e di costruire nella pace un’Europa gradualmente unita nelle forme man mano possibili.
Quindi, dopo il fallimento del progetto di Comunità europea di difesa, maturò la scelta di realizzare il Mercato comune europeo (MEC), il cui Trattato istitutivo venne firmato a Roma nel 1957 fra gli allora iniziali sei Stati aderenti: Francia, Italia, Germania Ovest, Belgio, Olanda e Lussemburgo. Poi il MEC si allargò progressivamente ad altri Stati europei e nel 1986 venne rafforzato dall’ “Atto unico europeo” con la libera circolazione dei lavoratori, delle merci e dei capitali. Questa costruzione dal Mercato comune europeo all’Unione europea crebbe poi ulteriormente con il Trattato di Maastricht del 1992 e quelli di Amsterdam (1999) e di Lisbona (2009) e soprattutto con la nascita dell’Euro, la moneta comune europea che non è solo un realizzato ambizioso progetto economico, ma anche un’importante crescita istituzionale, con la nascita del Sistema europeo delle Banche Centrali e della BCE.
La crescita delle Istituzioni europee non ha realizzato sempre successi: uno dei principali è indubbiamente l’elezione popolare diretta del Parlamento europeo dal 1979. Ma poi ha avuto, invece, esito sfortunato il fondamentale progetto di realizzare una Costituzione europea, basata su un Trattato che venne solennemente firmato a Roma, in Campidoglio, nel 2004, ma non venne poi ratificato dai referendum indetti in Francia e nei Paesi Bassi. Anche dopo il naufragio di quell’ambizioso progetto, l’Europa reagì ed imboccò ulteriormente la via della crescita economica: le crisi finanziarie internazionali, acuitesi nel 2007-2008, convinsero la gran parte degli europei a costruire l’Unione bancaria, innanzitutto per rafforzare l’integrazione di quelli che erano allora i sistemi bancari nei vari Stati d’Europa, con l’istituzione dell’EBA, l’Autorità che emana le regole bancarie per tutta l’Unione europea, e con un meccanismo di Vigilanza unico sulle banche dell’area dell’Euro, realizzato da un apposito organismo della BCE, con la collaborazione delle Vigilanze dei Paesi membri e con complesse regole (certamente da rivedere) per affrontare crisi bancarie. Del progetto di Unione bancaria non è stato realizzato il “terzo pilastro” riguardante la garanzia europea sui depositi nelle banche che tuttora grava sui sistemi nazionali costituiti dalle banche. Evidentemente sussistono diffusamente in Europa diffidenze, preoccupazioni e volontà di non impiegare risorse per salvare banche di altri Stati.
Ora occorre guardare avanti, oltre alle polemiche, per affrontare positivamente, come ammoniva Monnet, le attuali problematiche europee.
Per quanto riguarda l’ulteriore crescita dell’Unione bancaria, occorre prendere realisticamente atto dell’esperienza ormai di questo decennio e procedere nelle forme possibili, a cominciare dalla realizzazione di Testi unici europei (che non costano) innanzitutto di diritto bancario, per superare le differenze normative fra i diritti dei vari Stati che appartengono all’Unione bancaria. Ciò è indispensabile per la crescita dell’Unione bancaria e per semplificare le attività e la crescita delle banche che già operano (con non poche complessità) nei vari Paesi europei.
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Nello scorso anno è stato ricordato il cinquantenario della morte di Raffaele Mattioli, magistrale ed attualissimo esempio di banchiere umanista, intransigente sui principi e fortemente innovatore nella concretezza delle attività bancarie.
La cultura, lo spirito critico, il coraggio e la determinazione di banchieri come Mattioli ci illuminano anche nelle nuove sfide che il mondo bancario deve affrontare con lungimiranza, per la sostenibilità nelle complessità, per la maggiore certezza del diritto anche prospettica, per la semplicità delle norme e delle procedure anche nelle tecnologie, per la sempre maggiore solidità patrimoniale e di liquidità delle banche, nella concorrenza del pluralismo dei modelli bancari, nella prevenzione delle crisi.
Seguiamo l’alto esempio di banchieri come Mattioli, rifiutando il cinismo, l’avidità, l’economia priva di etica, l’assenza di memoria, anteponendo i principi, impegnati in doveri non evanescenti e per una moralità non accomodante.”
Antonio Patuelli
Presidente Associazione Bancaria Italiana